Si è spenta ormai da un mese la fiamma olimpica che ardeva sulle Deaflympic di Sofia, e gli ultimi echi si vanno via via esaurendo, fino a diventare indistinguibile mormorio lontano.
Ma nella mente di chi vi ha preso parte, direttamente o indirettamente i ricordi sono, e saranno indelebili e li accompagneranno per sempre: le Deaflympic sono un qualcosa di unico al quale i sordi appassionati di sport, dovrebbero Partecipare almeno una volta nella vita come atleti, come tecnici, come dirigenti oppure semplicemente come spettatori e tifosi.
L’organizzazione bulgara, a detta dei partecipanti, ha mostrato numerose pecche, ma è da assolvere in pieno avendo preso il testimone al fotofinish dal Comitato organizzatore di Atene, che ha dovuto rinunciare a causa della forte crisi economica in atto in Grecia. Rendiamo comunque onore alla Bulgaria che ha saputo venire incontro in modo positivo alle aspettative del movimento sportivo silenzioso mondiale, organizzando un evento di dimensioni notevoli in un ristretto spazio temporale.
La rassegna olimpica ha visto la supremazia, com’era prevedibile, dei Paesi emergenti dell’Est Europeo.
Proviamo a trarre un bilancio della spedizione azzurra, senza ergerci a giudici inappellabili, ma semplicemente basandoci sui fatti e sui risultati.
Da un attenta disamina il bilancio si può ben racchiudere nel consueto giudizio del bicchiere: mezzo pieno o mezzo vuoto?
Dodici medaglie in tutto: 4 ori, 3 argenti, e 5 bronzi. 2 medaglie in meno di Taipei, e sicuramente ancor meno delle più recenti edizioni di Melbourne, passando per Roma e tornando indietro fino a Copenhagen.
Alla spedizione azzurra non si poteva chiedere di più. Il livello tecnico attuale dei nostri atleti, in confronto a quelli delle rappresentative delle altre Nazioni, è quello che è.
Solo la Oddone ha in parte deluso le aspettative. Una medaglia era sicuramente alla sua portata, ma ha incontrato fin da subito nel suo cammino una delle più forti tenniste, che non ha avuto nei suoi confronti nessuna sorta di timore reverenziale. Il nome, il blasone, l’esperienza sono armi importanti, ma l’età che avanza rende sempre più difficile sostenere sfide ad alto livello. Comunque, è stata grandissima: una delle più forti atlete che la Fssi abbia mai avuto.
A parte la delusione Oddone, i possibili candidati al podio, Germano e Telser, hanno mantenuto in pieno le promesse.
L’unica sorpresa è venuta dal karateka Longobardi. Un
giovane davvero promettente. Altre sorprese non ce ne sono state, a significare che senza un’adeguata programmazione e preparazione, i risultati sono ben lungi da venire.
Ritornando alle medaglie, solo il nuoto, il ciclismo/mtb ed il karatè sono riusciti a far sventolare il tricolore. Gli altri sport, nonostante l’impegno e la buona volontà profusa dagli
azzurri, ci hanno visti semplici comparse. Troppo alto il livello tecnico degli atleti delle altre Nazioni, soprattutto dei Paesi dell’Est Europa, dove lo sport silenzioso è molto seguito e
curato. Diversamente che da noi dove è praticamente abbandonato a se stesso.
Abbiamo pure la Federazione commissariata, ed un settore tecnico inadeguato e non all’altezza. Anzi, veri e propri tecnici non ne abbiamo, oppure li abbiamo “a prestito” solo in concomitanza di
eventi internazionali. Il Commissario ci mette qualche pezza, ma è evidente a tutti lo sfascio federale che non è certo recente, ma ha lontane origini. Ci trasciniamo ancora i problemi irrisolti
di Roma 2001. Su quello che ne è seguito poi, è meglio stendere un velo pietoso.
Ed è emblematico che ben 11 medaglie su 12 le abbiano conquistate nel complesso, solo 3 atleti: 5 medaglie per Luca Germano, 3 medaglie per Renate Telser, e 3 per Longobardi di cui una di squadra. Le rimanenti due sono state appannaggio del ciclista Carboni e della squadra di Karatè.
Se si toglie il bronzo a squadre nel Karatè, nessuna medaglia di squadra è stata messa al collo degli azzurri. Il calcio (che ci ha visti vincitori a Roma 2001) non era presente, così come il
calcio a cinque. Il basket maschile non si è qualificato. La pallamano (oro a Copenhagen e bronzo a Roma) è sparita da un pezzo. La pallanuoto (che tanto oro ci ha portato) ha fatto la stessa
fine. Le squadre di pallavolo, maschile e femminile hanno fatto quello che hanno potuto: purtroppo i pochi talenti del passato che ancor oggi portano faticosamente e dignitosamente sulle spalle
il peso della squadra, sono ormai
arrugginiti e le nuove leve sono distanti anni luce dal loro livello.
Una nota a parte merita il basket femminile. E’ vero che il 5° posto è un risultato importante, ma non si può pensare di poter continuare con un’armata brancaleone. Senza un progetto tecnico valido ed un supporto federale concreto, anche questa realtà sarà destinata a disperdersi.
Luca Germano, con le sue 5 medaglie si è dimostrato ancora una volta uno dei grandi del nuoto. A Taipei ne aveva raccolta una in più, ed i metalli erano più pregiati. Ma la concorrenza si è fatta serrata. Giovani leve stanno spuntando all’orizzonte ed il livello tecnico del nuoto ultimamente è molto migliorato. A Luca va un grandissimo applauso, e vista la sua ancora giovane età, siamo si curi di poter contare su di lui per le prossime edizioni.
Il giovane e promettente Longobardi, dall’alto della sua classe e dalla tecnica molto perfezionabile, ha occupato tutti e tre i gradini del podio con un oro, un argento ed un bronzo di squadra. Un talento che non va assolutamente disperso.
Giorgio Maria Carbone nella gara su strada di ciclismo ha colto un importantissimo bronzo. Le gare di ciclismo sono sempre difficili da interpretare, e conta molto il gioco di squadra e l’abilità e l’esperienza di chi la guida. La sua medaglia andrebbe quindi divisa con i suoi compagni: Collina, Cucco e Favilli.
Veniamo ora alla mountain bike, per la prima volta in assoluto presente alle Deaflympic, ma con una sola gara in programma: il cross cuntry. Certo ci si aspettava anche la staffetta (come nelle Olimpiadi normali), ma per essere un inizio può anche andar bene così.
La gara maschile ha visto in campo n. 34 atleti, in rappresentanza di 15 Nazioni. Per l’Italia erano schierati Cucco, Monaco e Savioli. Il percorso era abbastanza tecnico ed
impegnativo.
Il migliore dei nostri è stato Savioli che ha agguantato la 5^ piazza. Considerata anche l’età non più verde, per lui si è trattato di un grandissimo
risultato. Dopo di lui, troviamo Monaco: che non fosse in condizione ed a corto di preparazione lo si sapeva. Grazie comunque alla tecnica, ha potuto ovviare a queste lacune, per arrivare ad
occupare la 10^ posizione. Fosse stato in forma, possiamo scommettere che il risultato sarebbe stato migliore. Ultimo dei nostri Cucco, peraltro nemmeno arrivato (ritirato per problemi
meccanici). Da quello che ha mostrato nei primi giri della gara, si vedeva comunque che era vuoto di energie… doveva seguire il consiglio di puntare o sulla mtb o sulla strada. Le ha scelte tutte
e due ed alla fine si è ritrovato a mani vuote. Speriamo che Impari la lezione, perché il potenziale per andare avanti ancora diversi anni C’è tutto. Deve imparare a gestirsi meglio
senza sprecare energie inutilmente e ritrovarsi poi ai grandi appuntamenti praticamente svuotato.
Ci si aspettava qualcosa di più dalla mtb maschile? Certamente qualche speranza di salire sul podio all’inizio c’era. Ma è andata come è
andata.
Bisognerà riflettere e darsi da fare.. trovare nuove leve che abbiano voglia di sacrificarsi e lavorare. La scuola di mtb, con il maestro Monaco, ce l’abbiamo. E’
il materiale umano che manca. Savioli ormai è al tramonto, Cucco va per la
quarantina. Il presente sono Monaco ed Irsara…Il futuro è nelle gambi dei giovani che per ora si chiamano solo Paolo Di Florio. Un eventuale ritorno di Kevin farebbe la gioia di tutti.
Infine che dire di Renate Telser?
Tre gare e tre medaglie.. Due d’oro e una d’argento. Che sarebbe stata d’oro anche questa se non avesse avuto quel problema meccanico
nella cronometro. Una fuoriclasse indiscussa.
Esagerato il suo distacco sulla seconda nella prova di mtb: oltre 15 minuti, addirittura rallentando nelle battute finali.
Per fare un paragone, è come se un podista vincesse i 10.000 metri di atletica con tre giri di pista di distacco sul secondo.
Nelle gare su strada dove spesso le più furbe vanno a rimorchio, Renate ha sempre difficoltà a gestirsi, ma nella mtb dove conta la forza e la tecnica, non ha praticamente rivali. E spesso vince anche gare con udenti.
Grandissima Renate. Hai fatto grande l’Italia, hai fatto grande il Deaf Mtb Cup che da sempre ti ha seguita e supportata. Siamo tutti orgogliosi di te. Grazie.
Traendo le conclusioni, se si guarda al bottino generale, 12 medaglie, il bicchiere può considerarsi mezzo pieno. Ma se si fa una profonda analisi dei risultati, con praticamente solo 4 atleti andati a medaglia e tutti in discipline individuali, certamente il bicchiere è mezzo vuoto. Abbiamo molti giovani talenti che purtroppo, senza un’organizzazione valida, senza una Federazione seria (la Fssi non lo è), senza una programmazione specifica e senza un’adeguata struttura periferica che si prenda cura di loro, sono destinati a disperdersi.
E sarebbe un vero peccato perché l’Italia, da sempre, è stata un “faro” nello
sport mondiale silenzioso.